La lavorazione del vetro e delle perle di Murano

Molte sono le lavorazioni e le tecniche che nei secoli sono state inventate, acquisite e tramandate dai maestri vetrai muranesi. Tutte le nostre perle sono manufatte da artigiani che hanno la loro sede proprio nella famosa isola del vetro.

Decorazione a foglia d’oro o argento

La foglia è una lamina metallica (d’oro o d’argento) generalmente di pochi centimetri di lato ma cosi sottile che da 20 grammi di oro si possono ottenere fino a 6 metri cubi di lamina! Utilizzata sia per il vetro soffiato che il vetro che con la tecnica sommerso, viene introdotta a Murano nella seconda metà del XV secolo e ripresa nella seconda metà del XIX.
Nel vetro soffiato la posta di vetro caldo viene ricoperta con la foglia d’oro o d’argento e successivamente ricoperta con un ulteriore prelievo dal crogiolo. In seguito alla soffiatura definitiva la foglia metallica si frantuma all’interno in piccoli frammenti o in un pulviscolo, con effetti di riflettenza ed eleganza molto particolari.

Vetro sommerso

Si tratta di una tecnica molto antica, già applicata al vetro a cammeo di epoca romana.
Con la parola “sommerso” si intende la particolare tecnica usata dalle fornaci nella produzione di vetri artistici e consiste nell’accoppiare, a caldo, diverse tonalità immergendo il vetro soffiato di grosso spessore in crogioli contenenti colori differenti (vasi di terracotta o di metallo usati nelle fornaci e nelle fonderie – solitamente a forma di tronco di cono rovesciato – per fondervi metalli, leghe e per produrre reazioni chimiche ad alte temperature).

Vetro soffiato

Tecnica rivoluzionaria risalente al primo secolo a.C.. Grazie alla rapidità di esecuzione, la soffiatura permise la diffusione di contenitori in vetro presso le classi modeste. Fu inventata nel vicino Oriente mediterraneo ed ebbe sviluppo nelle vetrerie islamiche, romane e veneziane.
Con l’invenzione del vetro a lume, nacque a Venezia una nuova corporazione di mestiere, quella dei “supialume”, i quali producevano perle mediante una lucerna ad olio su cui soffiavano con un mantice e oggetti vuoti all’ interno soffiati a bocca.

Vetro murrino

La murrina si ottiene accostando sezioni di canne vitree policrome saldandole insieme al calore del forno (per rammollimento e adesione).
Viene utilizzata in molteplici lavorazioni, tra cui la perla mosaico. Una volta ottenuta della canna “murrina” tagliata in dischetti, l’artigiano fa colare del vetro attorno a un bastoncino di ferro, creando così un’anima su cui viene riposto un certo quantitativo di dischetti preriscaldati. Quando il calore della fiamma renderà molle al punto giusto la composizione, avverrà la modellazione della perla mediante la pinza prescelta.

Filigrana

Inventata a Murano tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo per decorare i soffiati in vetro cristallino.
La lavorazione dei soffiati a filigrana prevede l’uso di bacchette di vetro cristallo (dette canne) contenenti fili vitrei colorati (lattimo), lisci o a spirale. I due tradizionali tipi di filigrana sono la filigrana a “reticello” o “doppia”, con trame a rete, e filigrana a “retortoli”, con fili a spirale. Nuovi tipi di filigrana sono stati creati a Murano negli ultimi decenni.

Cristallo

Si tratta di un vetro puro e trasparente ottenuto mediante decolorazione con biossido di manganese, depurazione della cenere fondente e speciali procedimenti applicati alla condotta della fusione. Scoperto nella metà del XV secolo, il cristallo si presenta come un vetro incolore particolarmente adatto a complesse lavorazioni richiedenti tempi lunghi di manipolazione da parte del maestro vetraio.

Vetro avventurina

Il vetro avventurina è una lavorazione inventata a Murano attorno al 1620 circa. La prima ricetta per creare avventurina si trova in un manoscritto di Giovanni Darduin del 1644, anche se già in una lettera del 1614 si parla di “una sorte di pietra con stelle dorate dentro”, da cui anche la sua ulteriore denominazione di “stellaria” (da “Tipi di vetro e tecniche vetrarie nel XIX secolo”, in Museo del Vetro, Venezia). Il vetro avventurina assume, probabilmente, il nome anche dalla circostanza per la quale la sua difficile realizzazione è da ritenersi una vera e propria “avventura”.
Si tratta di una pasta di vetro di color marrone che si presenta in forma di blocchi. Al suo interno sono immerse pagliuzze brillanti di rame con ossidi metallici brillanti che creano un effetto simile a quello del quarzo avventurina. La lavorazione, molto complessa e lunga, termina con la precipitazione del rame metallico che si separa così completamente dal vetro di base, disperdendosi in minutissimi cristalli che tendono a dare al materiale un luccichio rosso bruno con riflessi dorati.
È tuttora usata dalle “perlere” (le produttrici di perle), macinata in frantoi di vari spessori detti “pestaccio” o “spolvero” o tirata in “vette”, dei sottili fili metallici utilizzati per le decorazioni.